Jazle - il festival jazz del salento

Bruno Tommaso Orchestra

Amare Terre - La musica di Domenico Modugno

Lecce, Teatro Paisiello, 12 dicembre 2002

Le opere di Domenico Modugno continuano a significare molto ed a suscitare stimoli e sfide. Come in questo CD in cui nella rilettura di alcune tra le più celebri canzoni di Modugno si percepisce un'ambizione audacissima: proporre brani ormai assimilati dagli ascoltatori, sempre moltissimi (tale ne è la continuata vitalità), traendone però suggestioni e divaricazioni espressive spesso radicali addirittura. Qui il gioco mi sembra perfettamente riuscito negli ammiccamenti tra le familiari melodie e le loro prismatiche trasposizioni, tanto più saporose in quanto affidate ad un brillantissimo manipolo di ardimentosi virtuosi capitanati da un Bruno Tommaso direttore e regista di un'operazione palesemente vissuta con gusto e complicità dall'intero ensemble. E tra gli strumenti la voce canta con versatile ambivalenza le celebri melodie conservando la stimmung primigenia, ma coniugandola organicamente con le nuove scenografie armoniche e strumentali. Si va allora dalla mediterraneità di Amara terra al colore brasiliano dell'immaginoso Notte chiara sognato tra samba e bossanova. In Resta cu' me pare di intraudire nell'esordio quasi un riferimento ai corali della stravinskiana Histoire du soldat, così come nella successiva O' cafè le armonie stravaganti e dure e gli equivoci tonali fanno pensare in qualche modo a certe sortite di Darius Milhaud ed Arthur Honegger quando alludono alla musica sudamericana o afferiscono al popolaresco - e qui, come allora, con esiti " croccanti " e significativi. Ma accanto alle stravaganze ed alle strizzatine d'occhio ( o, meglio, d'orecchio ) c'è posto anche per il sentimento intimo, tutto giocato sulle confidenze tra pianoforte e voce in un Tu si' na cosa grande tutto da delibare; così come è difficile non farsi prendere dal tono di ballata di epicità dimessa e tenera di Cavaddu cecu de la miniera o dal trascolorare di Canto d'ammuri con la voce che sullo sfondo strumentale - quasi un panorama di suono - pare intraprendere un viaggio tra memoria ed interiorità. Dopo un Musetto meno frivolo del consueto in virtù di un contrappunto intrigante dalle esplicite inflessioni brasiliane, la conclusione si fa singolare e frizzante con un Io, mammete e tu in cui i toni sarcastici e grotteschi, à la manière di Kurt Weill, sono davvero assai gustosi e coinvolgenti. Questo è un lavoro che sarebbe sicuramente piaciuto ad un artista dalla poetica tanto vivace e moderna come Domenico Modugno, che sarebbe stato sorpreso e certo compiaciuto di notare quanto potessero le sue belle canzoni ancora suggerire e dettare ad altri artisti capaci di osare senza remore o preclusioni estetiche.

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